La narrazione in medicina pone attenzione alle storie di malattia che sempre accompagnano la persona malata e come tali devono essere onorate. Occuparsi della cura della patologia non deve infatti distogliere dal vissuto unico e personale di chi si trova a un certo punto della propria vita a fare i conti con una patologia.

Permettere una libera narrazione dei propri sentimenti diventa quindi un sistema di ascolto, in grado di favorire l’apertura a nuovi scenari, per far sentire a proprio agio la persona che sta vivendo la malattia, ma anche di grande utilità per migliorare il processo terapeutico. Questo sistema incoraggia infatti l’empatia e promuove la comprensione tra il medico e il paziente. Entrambi sono esseri umani e nel riconoscimento di questa umanità in comune possono trovare una sintonia che non solo migliora la relazione, ma facilita qualsiasi processo di cura.

Tutto questo consente anche di ottimizzare le risorse a disposizione per combattere la lunga e a volte estenuante battaglia contro la malattia, tenendo sempre ben presente che il vero nemico è la solitudine, l’isolamento, la tristezza che annulla la speranza. Queste cose Giulia le aveva capite molto bene e spiegate con parole dirette e chiare:

“Ci sono molti malati che restano soli, tutti i loro amici spariscono, spaventati. Non bisogna avere paura! E’ proprio questo allontanamento che mette timori a noi malati. Se invece gli altri ci stanno vicino, ci vengono accanto, ci mettono una mano sulla spalla e ci dicono “Dai che ce la fai!”, è quello che ci dà la forza di andare avanti”.

Raccontare e ascoltare dà la forza per vivere insieme tante bellissime storie, che forse altrimenti non sarebbero mai conosciute!